Intorno al 1914 o al 1915, Oreste Tesorone rientra a Napoli.
Non ci sono documenti certi sulla data, ma l’eco del suo arrivo, quello sì, si fa sentire.
L’America lo ha trasformato.
Napoli lo stava aspettando.
Inizia il terzo capitolo della sua vita.
Meno avventuroso, forse, ma più fertile e colmo di riconoscimenti.
L’esperienza americana gli apre le porte degli studi cinematografici e teatrali napoletani, dove talento e spirito d’iniziativa trovano finalmente la scena che meritano.
Il cinema muto italiano, già all’alba del Novecento, non aveva nulla da invidiare a Hollywood.
Ma Napoli era diversa da Torino e Roma: più viva, più vera, più umana. Oggi, con orgoglio, si parla di Cinema Napoletano, e Oreste ne è stato un interprete naturale e appassionato.
Nel capoluogo partenopeo si sviluppò un filone particolare di film legati ai movimenti migratori, da e per gli Stati Uniti; amori, gelosie, equivoci, passioni e musica, in un intreccio di ambientazioni tra America e Napoli sono, in definitiva, la ricetta della "gloriosa tradizione" (come in una citazione del libro di Emiliano Morreale) del Cinema Muto Napoletano.
Nel 1917, Oreste — ormai conosciuto come “Papà Tesorone” — debutta nel suo primo film: Triste realtà.
Diretto da Franco Dias, è tratto da un romanzo popolare allora molto in voga, come d’uso nel cinema napoletano dell’epoca.
Lo stesso regista lo scrittura subito dopo per Il cenciaiuolo della Sanità, ispirato anch’esso a una storia sentimentale molto amata dal pubblico.
È l’inizio di una carriera febbrile e appassionata, nutrita da quella narrativa “di consumo” che, nel passaggio dallo scritto allo schermo, trovava in Oreste un interprete perfetto: viscerale, diretto, autentico.
La sua verve artistica viene riconosciuta e apprezzata nell'ambiente, per cui viene chiamato dalla "Drama film" per "Funiculì Funiculà" prima e dalla "Tina Film" poi, che lo fa recitare in "Torna a surriento" sotto la direzione di Ubaldo Maria del Colle.Il suo nome da quel momento sarà sempre più spesso legato a quello di Elvira Notari (la prima regista donna italiana) e alle produzioni "Dora Film".
Filmografia di Oreste Tesorone
Oreste, che per anni ha inseguito l’altrove,
assapora la tranquillità - anche economica - di una intensa carriera artistica: recita, scrive, dirige (la pellicola più conosciuta da lui diretta è "La perla di Posillipo" del 1920). Partecipa a un centinaio di film, lasciando un’impronta indelebile sul cinema muto partenopeo, tra drammi popolari, storie d’emigrazione e sceneggiature ispirate ai romanzi più letti dal pubblico dell’epoca.
È un periodo fecondo, in cui Napoli diventa il suo set naturale e il suo palcoscenico del cuore.
Dal 1917 al '23, intrepreta ruoli non sempre di primo piano, ma comunque in lungometraggi storicamente menzionati; nei quattro anni immediatamente successivi ricopre ruoli principali in diversi film minori e a teatro. Chiude comunque in bellezza nel 1927 interpretando i suoi ultimi due film. La sua carriera, seppure poco conosciuta oggi, è internazionalmente citata nei libri sul cinema muto americano e soprattutto napoletano. La maggior parte dei film da lui interpretati, sono andati perduti, ma alcuni di essi sono ancora disponibili alla Cineteca Nazionale di Roma (non è facile accedervi se non si è dell'ambiente) e alla Cineteca di Bologna, come: FANTASIA 'E SURDATE, LUCIA LUCI', SI VE VULESSE BENE.